Una definizione di trauma psicologico
Il trauma (psicologico) può essere definito come un evento o una circostanza la cui entità supera la capacità della persona di “digerirlo” psicologicamente. La mente è infatti normalmente immersa in un processo continuo di costruzione di significati. Il trauma allora è proprio questo: l’impossibilità di significare, di trovare un senso a ciò che sta accadendo. Ci si trova così a subire un impatto emotivo sconvolgente, che mette a rischio l’equilibrio psicologico stesso di chi lo vive. Ne è senz’altro un esempio una situazione in cui si sia in pericolo di vita o in cui si assista ad una minaccia grave per l’incolumità fisica propria o di qualcun altro.
Sebbene le catastrofi ambientali possano causare vissuti di questo tipo, si è visto che il trauma ha conseguenze più gravi sulla salute psicologica quando è compiuto ad opera di un altro essere umano. La gravità aumenta ulteriormente se chi traumatizza è anche qualcuno di familiare. Senza dubbio l’età in cui il trauma si presenta può essere un altro fattore determinante rispetto al modo in cui è vissuto e rispetto all’esito che esso avrà. Si crede infatti che il disturbo post-traumatico da stress, conseguente all’esposizione ad una condizione traumatica, colpisca più facilmente soggetti con un passato costellato da altri vissuti traumatici che ne hanno determinato la predisposizione a svilupparlo.
Traumi infantili: alcuni esempi
Pensiamo ad un bambino. Egli dipende, per condizione, dalle cure dei genitori. È a loro che si rivolge quando avverte dei bisogni, è da loro che corre quando è spaventato o si sente in pericolo, è da loro che cerca protezione o riparo quando vive un disagio.
Che succede quando proprio la figura di accudimento, con cui più che con chiunque altro ci si dovrebbe sentire al sicuro, è essa stessa minaccia, fonte di paura? È questo l’enorme paradosso che la mente di un bambino non è in grado di risolvere e per cui rischia di ammalarsi. Quando è un familiare, peggio se un genitore, ad incarnare l’agente del trauma, il risultato per la psiche può essere addirittura devastante.
Ma facciamo delle ulteriori utili distinzioni. La prima, più grande distinzione riguarda, come ho già spiegato altrove (si veda l’articolo “C’è trauma e trauma: Il trauma con la “T” maiuscola e i micro traumi cumulativi” all’interno di questo blog), quella tra trauma massiccio e micro traumi cumulativi.
Il trauma massiccio può verificarsi anche in un solo episodio. Si tratta di un evento sconvolgente che la mente di chi lo vive non ha le risorse necessarie a comprendere e ad elaborare. Ne è un esempio l’abuso sessuale.
I micro traumi cumulativi sono episodi traumatici di moderata intensità la cui portata è però amplificata dalla ripetitività con cui si presentano. Per intenderci, un singolo micro trauma, che potrebbe essere rappresentato da un mancato intervento da parte di una madre ad un disagio comunicato dal figlio attraverso il pianto, può non lasciare in lui alcuna traccia. Tuttavia un atteggiamento materno di questo tipo, continuato nel tempo, caratterizzato cioè da un ritiro “normale” di fronte alle sofferenze del figlio, ha il potere di incidere molto più significativamente sulla sua organizzazione psicologica. Questo bambino (e successivamente l’adulto che sarà) può ad esempio “imparare” da una simile esperienza relazionale che è inutile chiedere aiuto a qualcuno quando si sta male, può interiorizzare un atteggiamento verso se stesso di rifiuto, viversi come indegno, vergognarsi e pensare di essere un peso per gli altri e così via.
La seconda distinzione si applica a quelle che potremmo definire le due vie del trauma: l’abuso da un lato e la trascuratezza dall’altro. Sia l’abuso che la trascuratezza possono assumere a loro volta una serie di forme diverse. Vediamo brevemente quali.
L’abuso fisico consiste nell’utilizzare la violenza fisica prevalentemente sotto forme di percosse.
L’abuso emotivo comporta l’indurre nel bambino stati d’animo negativi attraverso comportamenti quali vessazioni, insulti, minacce, frequenti rimproveri, critiche, esposizione a situazioni di violenza indiretta.
C’è poi un tipo particolare di abuso emotivo, che in inglese è detto “gaslighting”, e per cui non esiste in italiano una traduzione letterale. L’abusante in questo caso mette in atto degli atteggiamenti e dei comportamenti volutamente ambigui che portano chi ne è vittima a dubitare della veridicità delle proprie stesse percezioni e dunque delle proprie facoltà mentali. Ad esempio può manomettere l’abitazione, spostare degli oggetti e poi rimetterli nella posizione precedente e negare di aver mai compiuto simili spostamenti o di averli a sua volta mai notati, utilizzando argomentazioni convincenti comprovanti le proprie false dichiarazioni.
L’abuso sessuale infantile è probabilmente il trauma più potente che si possa vivere. Contrariamente a ciò che si può intuire, questa categoria di abuso non si limita ad includere le pratiche sessuali effettive, le quali anch’esse possono variare in base al grado di intrusività. È da ritenersi abuso sessuale anche l’esposizione del bambino alla visione di scene sessuali o l’invito a prendere parte ad argomenti di natura sessuale inappropriati per la sua età o per la sua capacità di comprensione o, ancora, il rendere oggetto di allusioni di tipo sessuale.
La trascuratezza, al contrario dell’abuso, si caratterizza per lo stato di dimenticanza e di abbandono in cui si è posti. Se nel caso dell’abuso la vittima è iperstimolata, nel caso della trascuratezza si è dinanzi ad una ipostimolazione che lascia in stati protratti di solitudine, di noia e di abbandono.
La trascuratezza fisica ruota intorno alla incuria del corpo. Può manifestarsi mediante una scarsa cura nell’igiene personale, nell’abbigliamento, nelle prestazioni mediche, ma anche mediante disattenzione e incapacità di proteggere dai pericoli dell’ambiente circostante.
La trascuratezza emotiva coincide con il disinteresse o con la scarsa considerazione per lo stato emotivo della persona, per ciò che sente, per l’impatto affettivo che ciò che accade intorno può avere sui suoi stati interni, i quali non vengono pertanto riconosciuti e su cui non si interviene per modularli apportando sollievo.
È opportuno specificare che nessuno di questi traumi rientra in una categoria “pura”. L’abuso fisico o sessuale, ad esempio, si accompagna inevitabilmente anche all’abuso emotivo. Così come chi è vittima di un cosiddetto trauma massiccio ad opera di un familiare è facile che sia vissuto in un contesto in cui abbia già sperimentato dei micro traumi cumulativi.
Conseguenze del trauma psicologico in età adulta
Quali conseguenze si manifesteranno in età adulta dipende da elementi che hanno a che fare con il caso specifico. L’età in cui ha avuto luogo il trauma, la sua durata, il tipo di trauma, il rapporto intercorrente con la persona traumatizzante, sono tutti fattori che, come abbiamo visto, incidono sugli sviluppi psicopatologici futuri.
Anche la presenza di un testimone può giocare un ruolo fondamentale rispetto all’impatto psicologico del trauma. Laddove per “testimone” si intende qualcuno, con cui si ha un rapporto significativo, a cui si può raccontare ciò che è successo o che continua a succedere, con cui si può condividere quello che si sta vivendo e da cui si può ricevere supporto. Questa possibilità di condivisione ha addirittura il potere di salvare dagli effetti distruttivi del trauma.
Gli adulti traumatizzati nell’infanzia possono presentare diversi sintomi e sviluppare diverse patologie, tra cui disturbo borderline di personalità, depressione, bassa autostima, somatizzazioni. Forse la conseguenza più prevedibile rimane la grande difficoltà nelle relazioni. Queste ultime, invece che essere vissute con soddisfazione, possono diventare molto problematiche ed essere causa di sofferenza ulteriore. Si pensi che di fronte ad un comportamento traumatizzante si è spesso incapaci di capire ciò che passa nella mente di chi lo sta mettendo in atto. La reazione più immediata è quella della fuga dalla sua mente, troppo spaventosa e troppo incomprensibile. Il risultato potrebbe essere una perdita estesa della capacità di decifrare con una certa accuratezza le menti di tutti coloro con cui si entra in contatto, in riferimento ai loro sentimenti, alle loro intenzioni, motivazioni, ai bisogni e ai desideri. Il che, com’è ovvio, influisce in maniera disastrosa sulle relazioni che si intraprendono.
Un’altra caratteristica comune alle persone che hanno subìto dei traumi è l’incomprensibilità di se stessi. Si tende infatti a vivere le proprie reazioni emotive ed i propri stati interiori come se fossero insensati, sbagliati, la prova di un qualche difetto interno e incorreggibile che rende la propria vita indegna e impossibile. A tal proposito è emblematica la frase di uno psicoanalista scozzese, Fairbairn, il quale ha scritto: “È meglio essere peccatore in un mondo guidato da Dio che vivere in un mondo guidato dal diavolo”, per fare riferimento al meccanismo psicologico che spesso induce le persone traumatizzate ad idealizzare gli altri attribuendosi tutte le colpe dei trattamenti traumatici subìti. Il senso di colpa è in effetti un altro aspetto che si associa al trauma.
La cura in caso di trauma psicologico: come superarlo
La psicoterapia offre ottime opportunità per superare un passato traumatico e per alleviare le sofferenze di oggi. Ciò avviene attraverso due modi complementari.
Da un lato, si cerca di trovare un senso a quanto accaduto nella vita della persona, ripercorrendo la sua storia, ampliandone la prospettiva, rintracciando nuovi significati, intervenendo sulle emozioni associate al trauma – che siano finalmente riesperibili in un contesto, quello terapeutico, avvertito come sicuro e infine tollerabili -, insomma favorendone l’elaborazione psicologica. Il trauma elaborato trova così una nuova collocazione, non più disturbante, nella mente di chi lo ha vissuto.
Dall’altro, parallelamente, la psicoterapia rappresenta di per sé, grazie all’incontro con la mente di un’altra persona, che è lo psicoterapeuta con le sue specifiche competenze, un’esperienza nuova, riparativa e in grado di produrre cambiamento.