Quello dell’orientamento teorico dello psicoterapeuta può essere, per alcuni, un criterio su cui voler basare la propria scelta, al punto che si possono cercare con ansia informazioni al riguardo, per essere certi, nel tentativo di superare le proprie difficoltà, di fare la scelta “giusta”. Tant’è che spesso su internet si fanno ricerche come psicoterapia migliore o miglior psicoterapeuta, per esempio a Milano, come se esistesse un criterio universalmente riconosciuto per individuarli. Non sempre però è facile reperire informazioni corrette.
Per dare un’idea sommaria, si può dire che i maggiori filoni in grado di raggruppare al loro interno i numerosi modelli di psicoterapia attualmente esistenti sono essenzialmente due: la psicoanalisi e la psicoterapia cognitivo-comportamentale.
Vediamo quali sono le sostanziali differenze e quali le peculiarità di ognuna.
Terapia cognitivo-comportamentale
La terapia cognitivo-comportamentale, come suggerisce il nome, si focalizza sull’individuare pensieri e comportamenti “erronei”, i quali sarebbero all’origine dei sintomi presentati. Ha pertanto come scopo principale quello di estinguere il sintomo attraverso la correzione di cognizioni e comportamenti patogeni – operazione condotta sia durante le sedute, attraverso il confronto verbale con lo psicoterapeuta, che mediante esercizi da eseguire al di fuori, nella vita di tutti i giorni.
Si può in linea generale affermare che la terapia cognitivo comportamentale potrebbe risultare più utile nel caso di problemi come fobie circoscritte o disturbi ossessivi invalidanti.
Psicoanalisi
La psicoanalisi, che nasce con Freud come primo orientamento di psicoterapia in assoluto, dai suoi esordi si è notevolmente evoluta, fino a comprendere oggi un modello particolarmente all’avanguardia che è la psicoanalisi relazionale.
Le sue caratteristiche più importanti sono: 1.l’apertura alla complessità dell’esperienza, per cui tanto il disagio psicologico quanto la cura non sono considerati in termini lineari di causa-effetto ma come la combinazione complessa di diversi fattori;
2.la specificità del percorso di psicoterapia, nel senso che ogni psicoanalista deve trovare uno specifico modo di lavorare con un particolare paziente che risulti specificamente efficace per lui. Questo si traduce in un maggiore coinvolgimento autentico dello psicoterapeuta.
Alla ricerca delle cause (relazionali) profonde che determinano la sofferenza della persona, la psicoanalisi è particolarmente indicata nei casi di disturbi dell’umore (come la depressione), difficoltà nelle relazioni, scarsa autostima o disagio esistenziale.
Qual è la psicoterapia migliore?
A onor del vero, bisogna sottolineare che la ricerca nel settore ha ampiamente dimostrato che non esiste una psicoterapia migliore in assoluto, poiché la buona riuscita della cura non dipende tanto dal metodo applicato quanto piuttosto dalle capacità e dalle caratteristiche personali del singolo psicoterapeuta, ovvero dalla sua “struttura umana”, e dall’incastro specifico psicoterapeuta- paziente, cioè da come la coppia si trova e riesce a lavorare insieme.
Pertanto, pur tenendo a mente le indicazioni brevemente fornite sopra per fare la propria scelta in questo ambito così variegato, che si opti per un tipo di psicoterapia cognitivo-comportamentale piuttosto che per una di stampo psicoanalitico, o per un’altra ancora, quello che è davvero importante è funzionare bene insieme lungo la strada verso il raggiungimento del benessere psicologico. Questo è il modo senz’altro più affidabile per rendere la propria terapia la psicoterapia-migliore-per-sé con lo psicoterapeuta-migliore-per-sé.
Va altresì detto che il valore aggiunto della psicoanalisi relazionale è proprio quello di riconoscere questa evidenza empirica e di inglobarla nei suoi modelli teorici di riferimento nonché nella pratica clinica, andando a costituire un tale riconoscimento un suo importante punto di forza.