Per comprendere molti fenomeni che ci riguardano, tra cui le malattie psicosomatiche, occorre pensare alla mente come ad un sistema incarnato.
È fuorviante infatti parlare di mente e corpo come se essi fossero due entità separate e in qualche vaga relazione tra loro. Siamo un sistema olistico in cui i confini tra tutto ciò di cui siamo fatti sono estremamente sfumati e tutt’altro che facilmente identificabili. Così può essere riduttivo, semplicistico, liquidare le malattie psicosomatiche definendole come la riverberazione sul corpo di problemi di esclusiva derivazione psicologica.
Per fare chiarezza su questo concetto, esporrò una serie di manifestazioni clinicamente osservate in cui l’enorme complessità del circolo cervello-mente-corpo è evidente.
Una prima drammatica esemplificazione di quanto detto è la morte di crepacuore. Si manifesta come un infarto che tuttavia avviene a coronarie integre a causa di un profondo dolore psicologico. L’ecografia eseguita dopo la morte permette di rilevare una strana forma assunta dal muscolo cardiaco che ricorda quella di un tipo di vaso usato in Giappone per pescare polpi. Questa sindrome esprime bene il mentale come esperienza emotiva.
Immaginiamo ora un paziente con una frattura alla mano e immaginiamo che, durante una lunga convalescenza, ogni volta che muova la mano provi dolore. La sua mente vede costantemente il verificarsi di due coincidenze: se c’è A allora c’è B, dove A sta per il movimento della mano e B è il dolore. Così, a livello cerebrale, i collegamenti tra i neuroni che rappresentano i due fenomeni sono quotidianamente rafforzati per diversi mesi consecutivi. Alla fine soltanto il tentativo di muovere la mano provocherà dolore, il quale potrebbe diffondersi a tutto il braccio, perfino bloccandolo. A volte il braccio non solo sviluppa la paralisi, ma di fatto si gonfia e si infiamma e l’osso comincia addirittura ad atrofizzassi.
In questa situazione dove inizia il problema? La sua genesi è nel braccio o nella mente? Diciamo pure che un caso del genere non dimostra semplicemente quanto la psiche umana possa essere suggestionabile, esso ci informa di come mente e corpo siano inestricabilmente interrelati e di come tale interrelazione possa, a volte, orribilmente degenerare (descrizione clinica tratta da Ramachandran, 2013).
Ho già spiegato altrove, in un articolo sugli attacchi di panico (“Attacchi di panico, quando l’origine non è psicologica”), come delle deboli scariche di epilessia possano generare uno sconvolgente stato d’ansia e come possa bastare concentrarsi su stimoli esterni capaci di suscitare paura per placare i sintomi fisici degli attacchi di panico.
A questo si può aggiungere che esistono altri disturbi psicologici, come la depressione, in cui possono comparire, quali sintomi distintivi, sintomi di tipo fisico, ad esempio l’agitazione o il rallentamento psicomotorio. La depressione è per lo più fisicamente debilitante, rallenta l’attività, il che a sua volta limita anche l’esperienza emozionale.
C’è poi un dato di estrema importanza da considerare e cioè il fatto che è ormai appurato che una psicoterapia ben condotta, insieme al benessere emotivo, produce cambiamenti sul cervello a livello strutturale.
Dunque, abbiamo visto che esistono manifestazioni patologiche che evidenziano come mente, corpo e cervello siano inseparabili, perfino concettualmente. Nella vita di tutti i giorni, è più facile imbattersi in forme più “ordinarie” di questo genere di manifestazioni. Parliamo appunto delle malattie psicosomatiche, come alcune malattie della pelle o della colonna vertebrale e le cefalee.
Pensiamo a persone distaccate, piatte nella loro affettività. Esse sperimentano in realtà delle emozioni soverchianti che hanno minacciato il loro senso di identità al punto da essere state escluse dalla coscienza. Queste persone in genere soffrono di crisi psicosomatiche. Se partiamo dall’assunto che l’emozione è psicosomatica, ha cioè correlati psicobiologici – così, ad esempio, la rabbia si manifesta attraverso rossore del volto o aumento della pressione sanguigna e della frequenza cardiaca -, quando l’aspetto psicologico di un’emozione viene tagliato fuori, resta da sola la parte fisiologica legata al corpo, la quale agisce conducendo a delle “esplosioni psicosomatiche”.
Ebbene, in questi casi, oltre a curarsi con i farmaci, sarebbe più che consigliabile intraprendere una psicoterapia, mediante la quale giungere a “desomatizzare” gradualmente gli affetti inizialmente esperiti solo come (dolorose) sensazioni corporee.