Come in altre occasioni, il titolo di questo articolo – paura del futuro Milano – ed il modo in cui mi riferirò nel testo al problema di cui parlo – nello specifico, la paura del futuro – riflettono il modo in cui maggiormente gli utenti del web, interessati all’argomento o ad individuare un professionista in grado di rispondere al proprio bisogno (non avendo, evidentemente, conoscenze dirette nel settore della psicologia e della psicoterapia), impostano la ricerca in rete, in modo da facilitarne il raggiungimento dei risultati.
Utilizzerò dunque i termini paura del futuro Milano per rispondere a quanti cercano informazioni su questo tema nella città di Milano o uno psicologo a Milano che tratti questo genere di problema.
Inizierò col dire che il disagio psicologico spesso reca con sé la paura del futuro.
Si pensi alla depressione, in cui la disperazione è proprio questo: la perdita della speranza che le cose possano migliorare, che il futuro possa essere più sostenibile rispetto alla pesantezza del momento che si sta vivendo. In simili casi, il suicidio può essere messo in atto proprio come conseguenza della perdita della speranza, per l’impossibilità cioè di immaginarsi un futuro che non sia così tremendamente uguale al presente invivibile.
Ma non occorre essere depressi per avere paura del futuro. La “paura del futuro Milano” può più comunemente riguardare tutte le persone che abbiano avuto ad esempio vissuti traumatici, perfino di lieve entità e di cui non si ha alcun ricordo esplicito – poiché, ad esempio, sono accaduti senza che fosse possibile rendersene conto (si veda a tal proposito l’articolo “C’è trauma e trauma: Il trauma con la t maiuscola e i micro-traumi cumulativi“).
Così ho scritto – rifacendomi allo psicoanalista relazionale Donnel Stern – in proposito, in un articolo su come la percezione del tempo venga ad essere compromessa dal trauma:
“La paura del futuro è un altro modo in cui l’esperienza temporale di una persona traumatizzata viene alterata. Il senso di un futuro che si sviluppa in un continuo movimento in avanti, differenziandosi così dal presente, è limitato. Vi è cioè un senso limitato di un futuro che può essere diverso dal passato e dal presente.
La dimensione temporale è dunque svuotata di qualunque opportunità trasformativa: la sensazione è che nulla cambia mai e che nulla sia destinato a cambiare.
I pazienti che intraprendono un percorso di psicoterapia per superare dei vissuti traumatici, perché – per fortuna – non hanno perso del tutto la speranza, sono contemporaneamente molto turbati dall’idea che tanto sarà tutto inutile, che a prescindere da ciò che si farà le cose non cambieranno mai realmente.
Non si tratta tuttavia solo di un futuro che, come il presente, non può essere diverso da un passato tremendo. La percezione è proprio della vacuità del futuro. Un senso di immutabilità delle cose che colora il quotidiano. Senso di vuoto, inconsistenza, noia e apatia sono spesso sintomi correlati. Questo stato sembra richiamare quello di un bambino non considerato. E trae origine in effetti da un tipo di situazione – assai traumatica – in cui il genitore ignora gli interessi di suo figlio, le sue emozioni e le sue richieste di attenzione, lasciandolo con la sensazione che nulla di quello che fa è realmente importante. In una simile esperienza di trascuratezza emotiva, il bambino è quindi privato della possibilità di prendere parte ad uno scambio vitalizzante che ha luogo quando gli altri ci riconoscono. È qui che il tempo si ferma, nella non rielaborazione partecipata del genitore di una manifestazione del figlio.
A volte quella che sembra una depressione può essere una più generale sensazione che le cose non vadano avanti, che si traduce in una sensazione profonda di disperazione a causa della impossibilità di qualcosa che faccia la differenza.”
(Tratto dall’articolo “I disturbi della temporalità nel trauma psicologico“).
Certamente il passare degli anni ed il progredire dell’età contribuiscono a rendere il futuro ancora più spaventoso, a causa del restringimento delle opportunità – o, quantomeno, dell’aumentata sensazione che sia così -, che apre a scenari immaginari non voluti, soprattutto quando la vita attuale risulta poco soddisfacente e povera di obiettivi raggiunti. Nello specifico, si può avere ‘concretamente’ paura di rimanere soli, di non trovare un lavoro stabile…
La tendenza infatti è di credere che d’ora in poi non potrà che essere peggio di così o comunque sicuramente non meglio di così, che gli anni delle migliori opportunità sono già passati senza che si sia stati in grado di coglierle.
Quale la soluzione?
Nello stesso articolo prima citato, ho scritto che in questi casi l’importante lavoro che si dovrebbe poter fare in psicoterapia è quello di liberare il futuro dai lacci con cui lo si tiene imbrigliato, consentendone il dispiegamento di potenzialità ancora non considerate, anzi non pensabili affatto. La persona che si è impegnata in un percorso di psicoterapia dovrebbe inoltre poter acquisire stabilmente sentimenti più positivi di vitalità e di fiducia verso ciò che sarà o che è per sua natura incerto.
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