A chi non è capitato, almeno una volta nella vita, di aver indietreggiato di qualche passo di fronte ad un gatto nero che attraversava la strada, o di aver evitato (per precauzione) di passare sotto un’impalcatura, oppure di aver toccato ferro, o ancora di aver imprecato per un escremento di uccello che l’ha colpito, proprio in testa, ma poi di aver pensato con sollievo che in fondo andava bene così, anzi che forse era meglio così, perché quello era un segnale di buon auspicio?
Questo per dire che, in fondo, senza raggiungere certi estremi caratteristici dei disturbi d’ansia, siamo tutti un po’ scaramantici. E allora ci interessa sapere perché, come nascono le superstizioni.
Se è indubbiamente vero – aggiungerei fortunatamente – che il livello culturale incide almeno in parte sulla superstizione, nel senso che chi ha un livello culturale più elevato è meno incline ad essere ostaggio di certe pratiche superstiziose, è vero anche che tali condotte hanno profonde radici antropologiche, come dimostra il fatto che sono diffuse tra i vari individui in molte culture e trasversalmente alle varie epoche storiche. Ciò, nonostante la loro attuazione sia tanto illogica quanto vana. Questo vuol dire che esse fanno presa perché, prima di tutto, fanno appello a dei meccanismi psicologici universali. Eccone 3:
1- Bisogno di continuare ad avere un “genitore”
Uno di questi è probabilmente il bisogno che ci si porta dietro fin dall’infanzia di avere una figura di riferimento idealizzata, come un genitore, alla quale chiedere conforto e da cui ricevere sollievo e gratificazione. In tal senso, il fatto di comportarsi in un modo piuttosto che in un altro, in determinate circostanze, sarebbe finalizzato a cercare di garantirsi la benevolenza della Fortuna e ad allontanare da sé l’influsso negativo della Sfortuna, più o meno come fa un bambino che attende ricompense e scongiura punizioni. Senza voler naturalmente ridurre le religioni a questo, si noti che la scaramanzia condivide con esse un simile meccanismo, nella misura in cui cioè ci si affida ad una divinità, idealizzata per definizione, da cui si cerca di ottenere la protezione attraverso la buona condotta, l’osservanza delle regole e la rinuncia del proibito.
2- Senso di colpa
Succede di provare un senso di colpa, che si vorrebbe mettere subito a tacere, quando si è avuto un pensiero negativo, per esempio aggressivo, su qualcuno o su qualcosa verso cui si nutrono contemporaneamente sentimenti positivi. Oppure quando si agisce in maniera oppositiva nei riguardi di un’altra persona. Può essere avvertita quindi la necessità di rimediare per alleggerirsi dal peso del senso di colpa, auto-punendosi per ciò che si è osato. L’auto-punizione, e dunque l’espiazione delle colpe, può essere ottenuta ricorrendo a meccanischi di superstizione, come il “fare le corna” con la mano per annullare il precedente pensiero. Le aree di oppositività di ciascuno sono inestricabilmente collegate con le pratiche superstiziose.
3- Il bisogno di avere un impatto
Un altro meccanismo, che potremmo definire affine a quello che agisce nei disturbi d’ansia, particolarmente nel disturbo ossessivo compulsivo – nel quale il comportamento scaramantico, se preso troppo sul serio fino all’irrigidimento, può in effetti sconfinare -, è il tentativo, a cui ho accennato più volte nei diversi articoli che ho scritto sull’ansia, di avere un effetto volontario sul corso degli eventi. Di avere un impatto sulla realtà.
Essendo invece gli eventi della vita non del tutto governabili, fuori dal controllo che si vorrebbe avere, questa esigenza di “onnipotenza” viene ad essere così illusoriamente appagata.
Questa esigenza è senz’altro più spiccata in chi ha avuto esperienze in cui la propria capacità di produrre un impatto volontario sull’ambiente circostante – persone comprese – è stata mortificata o è risultata nulla. Allora la possibilità che si sviluppi un comportamento che esiti nell’ansia di dominare ciò che accade è più consistente. La condotta scaramantica può rappresentare una particolare declinazione proprio di questa tendenza, o meglio un modo per regolare uno stato d’ansia e sentirsi più sicuri.