Cosa succede quando si ha un problema psicologico, come la depressione, senza saperlo?
Molte persone non sanno di avere un problema che richiede un intervento psicologico. A volte, in effetti, può essere difficile capire esattamente cosa stia accadendo, il disagio che si avverte può non essere così ben identificabile. La depressione, ad esempio, può manifestarsi con una sensazione di stanchezza debilitante che può far pensare di avere un problema confinato nell’ambito fisico.
Il primo passo, in questi casi, generalmente è quello di contattare il proprio medico. Che cosa succederà da questo momento in poi dipende purtroppo dalla fortuna o dalla sfortuna del caso specifico. Se il medico è aperto, ben informato o ha avuto esperienze pregresse con questo genere di disturbo, sarà in grado di orientare il paziente in modo corretto, indirizzandolo verso uno psicoterapeuta che se ne occupi. Viceversa, le cose andranno in tutt’altra direzione: quella della “dispersione”, intesa come allontanamento dalla possibilità di curarsi.
Vi è una serie di evidenze (dati provenienti da ricerche sull’argomento e riflessioni in merito) che dimostra la necessità di una collaborazione stretta e continuativa, magari ufficialmente riconosciuta, tra medici di base e psicologi psicoterapeuti, per promuovere e garantire un maggiore benessere psicofisico tra le persone.
I dati delle ricerche
Si è visto infatti che – a meno che non si sia sufficientemente informati o non si abbia qualcuno tra le proprie conoscenze che opera nel settore della psicologia e della psicoterapia – la maggior parte delle persone che hanno bisogno di essere prese in carico da un servizio di salute mentale si rivolge, in prima battuta e spesso esclusivamente, al medico di base.
In molti casi non è detto che il medico di base, che riceve questa richiesta, abbia dei contatti con degli psicoterapeuti o uno psicoterapeuta di fiducia a cui rivolgersi, né che valuti utile fare questo genere di invio ad una figura specializzata. Restando nei confini di una cultura piuttosto medicalizzata, che sancisce il primato del corpo sulla mente (come se fosse possibile una netta separazione), è più facile che, quando lo si ritenga, l’invio avvenga ad un neurologo, il quale spesso non rappresenta la figura giusta.
È dunque preoccupante che disagi di ordine psicologico ed emotivo vengano trattati soltanto nell’ambito dei servizi di cure primarie, con il risultato che tali problemi possono non venire riconosciuti né curati in modo appropriato. Quand’anche essi vengano diagnosticati come problemi riguardanti la sfera emotiva, solitamente il passaggio successivo è la prescrizione di psicofarmaci direttamente da medici non psichiatri.
Una simile procedura ha almeno due effetti negativi sui pazienti che ne usufruiscono: preclude loro in modo grave la possibilità di un trattamento – parallelo o alternativo all’intervento farmacologico – non invasivo e spesso risolutivo, quale è la psicoterapia, ed espone maggiormente al rischio degli effetti collaterali degli psicofarmaci, non così rari e talvolta molto pesanti.
Disturbi psicologici implicati
È stato stimato che una elevata percentuale di pazienti che richiede un appuntamento al proprio medico di riferimento ha problemi psicologici collegati a tale richiesta. Esattamente, si tratta, in più della metà dei casi, di persone che non presentano malattie fisiche – per cui la sintomatologia fisica è l’effetto di un disagio psico-emotivo – o che, al limite, hanno dei problemi psicologici che amplificano la sintomatologia legata ad una malattia del corpo.
Tali disturbi psicologici sottostanti alla richiesta medica sono prevalentemente depressione, ansia generalizzata e attacchi di panico.
Nel caso della depressione ad esempio, nonostante essa sia un disturbo piuttosto diffuso e invalidante – e, ricordiamolo, perfino causa di morte, data la probabilità del suicidio -, è stato evidenziato che solo meno della metà di chi ne è affetto in genere riceve una diagnosi accurata e viene inviato da uno psicologo per poter usufruire di una cura adeguata.
Conclusioni
Sulla base di quanto rilevato attraverso studi e ricerche che hanno preso in considerazione campioni rappresentativi di pazienti che si recano negli studi dei medici di base, si deve concludere che la presenza di uno psicologo o, ancora meglio, di uno psicoterapeuta di riferimento per ciascun medico di base è fortemente consigliata. Sarebbe addirittura auspicabile che si trattasse di una figura istituzionalizzata, come ci si augura possa accadere con l’inserimento dello “psicologo di base”. Tuttavia potrebbero essere sufficienti una sensibilità ed una cultura tali da incoraggiare libere iniziative tra professionisti. Questo sarebbe senz’altro un modo strategico ed intelligente per intervenire in larga misura sulla psicopatologia e per promuovere in maniere estesa il benessere psicologico.