Emozioni e sentimenti
Che cos’è un sentimento? E che cosa c’entra l’umore? Perché i termini “emozione” e “sentimento” non sono intercambiabili?
A queste domande su quelli che sono i vissuti comuni a tutte le persone, che destano la curiosità di molte persone, cercherò di rispondere rifacendomi al contributo e alle importanti scoperte sul funzionamento mentale del neuroscienziato Antonio Damasio.
Una ragione della non sovrapponibilità di emozioni e sentimenti, sostiene Damasio, sebbene sentimento abbia una connotazione simile a quella di emozione, è la seguente: mentre tutte le emozioni generano sentimenti, non tutti i sentimenti traggono origine dalle emozioni. Si possono pertanto distinguere due tipi di sentimenti: i sentimenti emotivi e i sentimenti di fondo.
Sentimenti emotivi
Fanno parte di questa categoria, dei sentimenti provenienti dalle emozioni, sentimenti quali: tristezza, felicità, rabbia, paura e repulsione.
Quando si prova un’emozione, il corpo vive una serie di trasformazioni – come l’accelerazione o la diminuzione del battito cardiaco o della pressione sanguigna, il cambiamento del colore del viso (rossore o pallore)… – che vengono registrate dal cervello, il quale ha una panoramica costante, momento per momento, di ciò che accade a livello corporeo.
Questo processo di osservazione continua dei cambiamenti corporei prodotti dalle emozioni, anche quando non se ne è apparentemente consapevoli perché focalizzati su altro, mentre parallelamente si producono pensieri riguardanti specifici contenuti, è ciò che va sotto il nome di sentimento. In altre parole, il sentimento dipende dalla giustapposizione di un’immagine del corpo con l’immagine di qualcos’altro, precisamente dello stimolo che ha dato avvio all’emozione, come ad esempio un volto o l’immagine uditiva di una melodia. È chiaro che la particolare valutazione dello stimolo in questione e l’emozione che esso susciterà sono soggettive e dipendono dall’esperienza individuale: gli stessi volti o le stesse canzoni susciteranno emozioni diverse in persone diverse, a seconda dello specifico significato che hanno acquisito per ognuno.
Così l’essenza della tristezza o della felicità è la percezione di certi stati del corpo combinata con quella di certi pensieri. In genere, percezione dello stato corporeo e dei pensieri associati tendono a concordare, ma questa concordanza non rappresenta la norma. Generalmente inoltre a stati corporei negativi fa seguito un processo di pensiero lento e inefficiente, mentre a stati corporei positivi corrisponde un ragionamento molto più ricco e scattante.
Quando gli stati negativi si ripetono, come nel caso della depressione, aumenta di conseguenza la quota di pensieri associata ad eventi negativi e il modo e l’efficacia del ragionamento ne risultano compromessi: difficoltà di memoria e di concentrazione sono in effetti sintomi riconosciuti di depressione. La prolungata esaltazione degli stati euforici – tipica del disturbo dell’umore opposto alla depressione, ovvero la mania – produce invece l’effetto opposto, con il risultato di un pensiero ed un linguaggio estremamente accelerati.
L’autoinganno del cervello
È nota la ricerca sulla produzione “artificiale” di sentimenti. Nel corso di questa ricerca, ad un gruppo di soggetti fu detto di muovere i muscoli facciali in un certo modo, così da riprodurre sui loro volti una data espressione emotiva, che non veniva loro rivelata. Il risultato fu che i soggetti che avevano seguito le istruzioni provavano, una volta interrogati, un sentimento appropriato all’espressione che aveva preso forma sul loro volto. Per esempio un’espressione felice faceva provare felicità, un espressione arrabbiata faceva provare rabbia, e così via. Ciò colpisce, se si pensa che i soggetti dell’esperimento non registravano immediatamente tutte le altre modificazioni corporee che di solito scaturiscono dal contatto con uno stimolo in grado di suscitare emozioni autenticamente.
Si deve quindi concludere che anche solo un frammento del quadro corporeo caratteristico di un’emozione è sufficiente ad innescare il resto dello stato corporeo che conduce al sentimento.
Un altro aspetto molto interessante della ricerca è che, sebbene le persone intervistate riferivano sentimenti congruenti alle aspettative degli sperimentatori, da registrazioni dell’attività del cervello, si è visto che esse erano consapevoli di non essere felici o arrabbiati per un qualsiasi motivo reale.
Come si spiega questo? Con il fatto che non è possibile ingannare se stessi più di quanto si possano ingannare gli altri.
Può darsi che sia questa – sostiene l’autore – la ragione per cui i grandi attori riescono a reggere alla simulazione di emozioni esagerate senza perdere il controllo. Io aggiungo che sicuramente questa è la ragione per cui non abbiamo il controllo totale su noi stessi e su ciò che proviamo davvero, oltre che sugli altri.
Una curiosità
Una memorabile interprete lirica di grandi eroine una volta ha raccontato che, durante l’esecuzione di un’opera dal titolo “Dama di picche”, al momento della cupa scena in cui avviene la morte della contessa ormai vecchia che stava interpretando, divenne tutt’uno con il suo personaggio e ne fu terrorizzata.
Sentimenti di fondo e umore
I sentimenti di fondo, diversamente dalle emozioni e dai sentimenti emotivi, sono quello di cui facciamo più frequentemente esperienza nel corso della vita e di cui abbiamo solo una sottile consapevolezza. Essi si riferiscono allo stato del corpo che prevale tra le emozioni. Quando non cambiano per periodi di tempo prolungati, come ore o giorni, nonostante il tumulto delle emozioni che intanto ha luogo e che produce – come si è visto – numerose modificazioni, allora si può parlare di umore. L’umore ha dunque una qualità di maggiore stabilità temporale rispetto al sentimento.
Il sentimento di fondo riguarda per lo più gli stati corporei più continui. La nostra identità individuale è ancorata ad essi. Il che, tra l’altro, dimostra la sostanziale inseparabilità tra mente e corpo. E sullo sfondo della nostra identità individuale noi possiamo essere consapevoli di miriadi di altre cose che nel frattempo cambiano.
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