Si sa che ad una non tanto esigua percentuale di persone capita di provare, in un arco temporale che va dai quaranta ai sessanta secondi, un’improvvisa e spaventosa sensazione di morte incombente. Si hanno palpitazioni, sudorazione delle mani e un senso di schiacciante impotenza. Il fenomeno può presentarsi anche più volte in una settimana. Questi sono i sintomi degli attacchi di panico.
Mentre si è ampiamente dibattuto sulle cause psicologiche degli attacchi di panico, che rimangono comunque valide, si è scoperto che vi sono casi in cui l’ansia non è la causa, bensì la conseguenza degli attacchi di panico. Più precisamente, si è scoperto che in alcuni casi una possibile genesi degli attacchi di panico può essere rintracciabile in brevi crisi epilettiche che avvengono in specifiche regioni cerebrali (in particolare in una struttura chiamata amigdala, che ha connessioni cospicue con il sistema nervoso autonomo). Ciò innesca una potente reazione “attacca o fuggi” che è tipica dell’ansia ma, siccome non c’è nessun pericolo esterno per cui attaccare o fuggire e a cui attribuire una tale sovraeccitazione psicofisica, il pericolo viene interiorizzato come rischio di morte, ed ecco che il soggetto ritiene di stare per morire.
Il motivo per cui il cervello ricorre ad una simile soluzione è la sua naturale avversione per la discrepanza, discrepanza rintracciata in questo caso tra l’ambiente esterno innocuo e le forti sensazioni interne indicative di una situazione altamente pericolosa.
Il cervello riesce a spiegare questa ambiguità in un unico modo, ossia identificando una fonte interna terrificante. Il cervello cioè trova più sopportabile l’idea della propria morte, purché spieghi l’origine dell’ansia, piuttosto che un’ansia di origine ignota ed inspiegabile.
Se è vero che questa spiegazione degli attacchi di panico spoglia gli attacchi di panico di componenti squisitamente psicologiche, è però vero che si possono trovare degli interessanti escamotage di carattere psicologico per arginarli se non, addirittura, per curarli.
I pazienti colpiti da attacchi di panico infatti spesso hanno il sentore dell’attacco pochi istanti prima che esso si verifichi.
Secondo una tesi tanto curiosa quanto originale, si potrebbe sfruttare questa peculiarità degli attacchi di panico in modo che, appena si avverte che sta per arrivarne uno, si potrebbe per esempio cominciare a guardare un film dell’orrore sul proprio iPhone. Nella tesi, si sostiene che questo espediente potrebbe far abortire l’attacco poiché consentirebbe al cervello di imputare l’eccitazione fisiologica e lo stato d’ansia che ne deriva alle immagini del film, dunque ad un fattore esterno, anziché dover ricorrere ad una causa interna terrificante ma impalpabile.
Il fatto poi che il soggetto sappia a livello intellettuale che “è solo un film” non dovrebbe privare di efficacia il metodo; d’altronde proviamo davvero paura quando guardiamo un film dell’orrore: pur nella consapevolezza della finzione, le nostre emozioni di paura e di ansia sono reali.