Al di là del suo significato religioso, sempre meno preminente nella nostra cultura, il Natale può essere visto come un evento sociale che ha come caratteristica quella di fungere da amplificatore dello stato d’animo individuale di partenza.
Il Natale infatti è notoriamente un momento che esalta aspetti quali l’affettività, le relazioni intime, la commensalità, la condivisione, l’unione familiare, in sostanza i sentimenti positivi.
Chi può attingere a tutti questi aspetti, nel Natale può trovare un’occasione per compiacersi di quello che ha, per prendere una pausa dal tran tran quotidiano e fermarsi a gioire sinceramente.
Ma che dire di chi non è in sintonia con lo spirito natalizio?
Ci sono infatti persone che, in maniera contingente oppure psicologicamente più diffusa (per esempio a causa della percezione dell’inaffidabilità altrui o di una sorta di “difetto” interiore), non hanno relazioni così soddisfacenti. Ciò non significa non avere concretamente dei familiari o altre persone con cui riunirsi per festeggiare o con cui scambiarsi dei regali, ma si traduce nell’affrontare queste tradizioni come uno stress in piena regola (che genera ansia) oppure nel viverle come dei vuoti cerimoniali che impongono – perché è nelle aspettative di tutti – di manifestare una felicità che non si prova e che, al contrario, come si diceva, mette in risalto il proprio disagio interiore.
Per questo non di rado proprio a Natale capita di ammalarsi di depressione o di avere una ricaduta nella depressione o di vedere esacerbata una depressione già in corso.
Un’altra reazione al Natale osservabile è quella che potremmo definire “anticonformista”. L’anticonformista si colloca su una posizione di intolleranza e di aperta rottura verso i rituali sociali natalizi e decide di passare le festività in solitudine, come si trattasse di giornate come tutte le altre.
Le persone che reagiscono in questo modo di norma non hanno una famiglia con cui vivono oppure manifestano il loro disagio trascurandola notevolmente, non senza creare malcontenti. Loro si distraggono impegnandosi in attività consuete, ad esempio facendo degli straordinari a lavoro o sbrigando faccende pratiche lasciate in sospeso, come sistemare la propria contabilità, mettere ordine tra i documenti…
Questo atteggiamento tuttavia non allontana il rischio della depressione. All’opposto, chi ha la tendenza ad evitare di soffermarsi su ciò che prova, indirizzando troppo e difensivamente l’attenzione all’esterno, potrebbe alla lunga essere colto da una depressione ben peggiore, proprio a causa della scarsa propensione a prendere contatto con le proprie emozioni, anche quelle negative, e ad avere familiarità con la propria interiorità.
Non bisogna dimenticare che il Natale e la fine dell’anno sono, d’altra parte, momenti in cui si creano i presupposti per fare un bilancio sull’andamento della propria vita, soprattutto nell’arco dell’anno appena trascorso, e per individuare le aree (il rapporto con i figli, la vita di coppia, il lavoro) in cui si è più vulnerabili e in cui si vorrebbe che le cose andassero diversamente, pur senza sapere come fare.
Dunque a Natale, per i motivi discussi, si può essere costretti a fare i conti con sé stessi e con un bilancio negativo della propria vita. E allora, che consigli si possono dare a chi si trova in simili difficoltà?
Il consiglio principale è quello di cercare di volgere questo momento in positivo, considerandolo come un’opportunità. Come? Prima di tutto avvicinandosi ai propri blocchi, problemi, insoddisfazioni, malesseri, per troppo tempo rimandati o relegati in un angolo della mente, ma che ora si affacciano. A volte ciò può bastare per trovare anche, dentro di sé, le risorse o la motivazione per reagire e per risolvere situazioni in fase di stallo. In alternativa, dopo questo primo passo, si può progettare di rivolgersi ad un esperto.
Quello che ad ogni modo è importante è che, da questa prospettiva, il Natale può assumere un’altra faccia, più propositiva, e diventare la precondizione per avviare qualcosa di costruttivo per sé.