Che cos’è una diagnosi psicologica
La diagnosi è il raggruppamento di un insieme di sintomi rappresentativi di una determinata patologia in una categoria descrittiva.
Di fronte ad una data costellazione di sintomi, che abbia una certa durata e produca determinati effetti sul funzionamento dell’individuo, si procede a darle un nome, ad emettere cioè una diagnosi. Così, per esempio, se una persona presenta episodi di umore depresso o perdita di interesse o di piacere nelle attività normalmente ritenute piacevoli, insieme ad almeno altri quattro sintomi tipicamente depressivi, coesistenti per almeno due settimane, le verrà fatta una diagnosi di depressione; oppure, se manifesta da almeno sei mesi ansia e paura intense e persistenti verso un oggetto o una situazione che perciò evita attivamente, e tale evitamento fobico interferisce con la normale routine, le verrà diagnosticato un disturbo d’ansia, in particolare una fobia specifica.
Perché si usano le diagnosi
Il ricorso a queste etichette serve a facilitare la comunicazione tra professionisti, i quali possono in tal modo utilizzare un linguaggio comune, scientificamente stabilito, che risulti immediatamente comprensibile.
Questo d’altra parte può nascondere un serio rischio: quello di trattare persone distinte alla stesso modo, solo perché condividono sofferenze apparentemente uguali. È importante sottolineare che assumere per scontato il senso del disagio di qualcuno può portare fuori strada e indurre ad operare in un modo stereotipato che non sortisce alcun effetto terapeutico. In questo caso la diagnosi, lungi dall’essere uno strumento utile, spoglia, svuota di significato ed impoverisce il processo di psicoterapia.
Il vantaggio di lavorare con le “persone”
Sintomi “uguali” possono avere significati totalmente diversi. Prendiamo in considerazione ad esempio un sintomo di un disturbo del comportamento alimentare, precisamente le abbuffate alimentari. Abbuffarsi di cibo può essere un sintomo dissociativo messo in atto con lo scopo inconscio di tenere lontani i ricordi di un abuso subìto o di un altro trauma non elaborato, oppure può avere la funzione di riempire un senso di vuoto esistenziale, o ancora può servire a regolare l’ansia o a padroneggiare un sentimento di angoscia in mancanza di strategie più adattive.
C’è poi da aggiungere che situazioni simili o addirittura identiche possono dare luogo ad esiti molto diversi tra loro. Si pensi ai fratelli che, pur crescendo insieme e vivendo nello stesso ambiente e a contatto con le stesse persone, sviluppano personalità differenti e, in certi casi, alcuni sviluppano un disturbo psicologico mentre altri no.
Tenere sullo sfondo questa consapevolezza mentre si lavora con i propri pazienti è essenziale per costruire insieme alla persona che si ha di fronte un percorso di psicoterapia che le si adatti al meglio. Ciò vuol dire per uno psicoterapeuta mettersi in gioco continuamente ed essere aperti all’imprevedibilità della relazione terapeutica per conoscere davvero quel paziente. Questo significa, infine, incentrare il lavoro di psicoterapia su ciò che egli prova e su chi è, a prescindere dalle etichette che possono essergli state assegnate.